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Nicolò Tron: l'industria moderna e attenta al bene comune del Settecento Veneto

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L’industria stritola il genere umano. L’industria eleva il genere umano. Onore a Nicolò Tron, patrizio veneto, che ci ha insegnato che possiamo scegliere la seconda strada; e che dobbiamo sceglierla. Nel Settecento veneziano, ecco una grande e moderna industria, innovatrice e attenta non solo al profitto ma anche al bene comune della popolazione e della Patria veneta.

Tron, famiglia di Dogi
Nicolò Tron nacque a Padova il 21 settembre 1685 e morì a Venezia il 31 gennaio 1770 m.v., corrispondente al 1771.  Patrizio veneto, si interessò di industria laniera e serica. Era figlio di Andrea, governatore della città e provincia di Verona. La nobile famiglia Tron, secoli prima, nel Quattrocento, aveva dato alla Repubblica Veneta un grande Doge, che si chiamava anche lui Nicolò. (I DOGI.pdf) E in pochi anni, riformò e modernizzò le finanze e il sistema fiscale dello Stato Veneto, coniando anche la prima lira, detta appunto “Lira Tron”.

Il giovane patrizio Nicolò

Nel 1711 il nostro Nicolò Tron fu nominato Uffiziale alle Cazude; questi magistrati erano tre, rimanevano in carica dodici mesi e vegliavano l’esazione dei debiti caduti in pena. Ancora giovanissimo, fu nominato Savio agli Ordini, primo ufficio a cui potessero aspirare i giovani patrizi.

Erano detti anche Savi da Mar, erano cinque, eletti dal Senato, non avevano voce deliberativa; attendevano alle cose del mare e sopra di quelle dicevano la loro opinione. Era un istradamento alla via del Governo, durava diciotto mesi dopo i quali si poteva concorrere a Magistrato di Giudicatura.

Ambasciatore in Inghilterra

Nel 1715 Nicolò Tron fu inviato come ambasciatore presso la corte britannica. Fece il suo ingresso a Londra il 27 agosto 1715. In Inghilterra poté visitare le industrie più aggiornate e maturò la convinzione della necessità di rimodernare, su modello inglese, i metodi produttivi per la fabbricazione dei panni di lana nello Stato Veneto.

Da Newton all’industria della lana

Scelse Schio come sede della sua sperimentazione, erigendovi un opificio nel 1726. In Inghilterra aveva conosciuto Isaac Newton, matematico e fisico inglese, scopritore della legge della gravitazione universale (o “legge di gravità”) e frequentato i più famosi dirigenti dell’industria della lana: Mortimer, Miller, Hall e soprattutto Benjamin Berch di cui divenne amico. Visitò campagne e notò le proporzioni serbate tra terreni arativi e prativi e come migliorare le razze di pecore e buoi. Del soggiorno in Inghilterra il Tron fece tesoro, raccogliendo ogni dato utile per introdurre in patria, al suo ritorno, i metodi più avanzati per la filatura e la tessitura della lana. Il suo lanificio divenne ben presto esempio da imitare per gli altri della zona.

A Schio i nuovi telai per la tessitura

A Schio, il Tron portò tecnici ed istruttori stranieri, nuovi filatoi ed il telaio con la navetta inglese «col mezzo della quale si poteva far a meno di un uomo nel lavoro al telaio, oltre di accelerare e perfezionare la tessitura dei pannilani».

Questa navetta, inventata in Inghilterra e perfezionata in Francia, distendeva perfettamente il filo che si svolgeva dalla spola senza sfregare l’ordito, accelerando il lavoro e diminuendo la fatica. Il sistema precedente, con il filo torto a rocca, non aveva dato buona prova.

Questa “navetta volante” era stata inventata dal meccanico inglese John Kay, mentre si dedicava al perfezionamento dei telai per tessitura; nel 1738 Kay la diffuse in tutta l’Inghilterra e già nel 1739 Nicolò Tron la faceva usare nel lanificio di Schio.

Gli opifici aperti di Nicolò Tron

Dotato di grande apertura mentale, Nicolò Tron non perseguì egoisticamente il solo fine di arricchire, magari a danno dei locali operatori del settore laniero. Egli anzi aprì i suoi opifici ai fabbricanti sclediensi di panni-lana perché ne potessero trarre gli opportuni vantaggi.

A tutte le ore l’opificio era aperto agli altri fabbricanti perché potessero esaminare le macchine e il modo di servirsene.

La grande manifattura di Follina

Nel 1749 acquisì in società con il tedesco Georg Sthal, che ne divenne direttore, lo storico lanificio di Follina, azienda florida e di notevoli dimensioni alla fine del ‘600, ma in profonda crisi alla metà del ‘700, e rilanciò anche questo, portandolo ad altissimi livelli.

Nel giro di pochi anni, la manifattura di Follina dava lavoro a un migliaio di persone, diventando una delle fabbriche più grandi nell’Italia.

Nel campo della seta

Nicolò Tron ebbe iniziative tanto “rivoluzionarie” quanto benefiche. E non solo nel campo laniero, ma anche in quello sèrico. Nel campo della seta, a lui si deve il perfezionamento della trattura della seta a due fili di cui fu promotore. Fu insignito, per questi suoi meriti, del cavalierato della Stola d’Oro, la più alta onorificenza della Serenissima.

La Stola d’Oro

L’Ordine della Stola d’Oro era, nella Repubblica di Venezia, l’ordine cavalleresco per ricompensare i cittadini benemeriti. Era una stola intessuta di fili d’oro che i cavalieri di quest’ordine portavano sulla spalla sinistra, come si può notare in diverse statue dell’epoca. Ad esempio in Prato della Valle a Padova, fra le cui statue in pietra di Costozza c’è quella di Nicolò Tron, opera del 1781 di Giovanni Ferrari, detto il Torretto o il Torretti.

La statua in onore di Nicolò Tron fu eretta per volontà dei sericultori padovani, gli “OPIFICES TAENIARUM SERICARUM” cioè “gli artigiani dei nastri di seta”, come recita una scritta quasi illeggibile sul basamento. Nicolò Tron vi è rappresentato con ampia toga veneta, di cui tiene un lembo con la mano sinistra; indossa la Stola d’Oro e ai suoi piedi giace la cornucopia, simbolo del suo genio nel commercio. La statua di Nicolò Tron è sul piedistallo numero 72, recinto interno, parte Sud-Est.

Nicolò Tron e la rivoluzione industriale

La rivoluzione industriale inglese ha avuto dunque da subito dei seguaci illuminati nel Veneto, tra cui il “pioniere” Nicolò Tron, che fu tra i primi in Europa continentale. Fu anche tra i primi a condividere la proprietà dell’azienda con alcuni operai. E l’azienda di Tron, dopo vari passaggi di proprietà, passò infine ad Alessandro Rossi, il fondatore della Lanerossi di Schio.

Caposile, Mazzorbo, Torcello, Polesine e Anguillara Veneta

Le idee nuove si applicarono anche alle vaste tenute dei Tron. Nicolò fece eseguire nelle sue proprietà di Caposile e ai margini della laguna di Mazzorbo e Torcello ammirevoli bonifiche per un più alto rendimento agricolo e peschereccio, utilizzando pompe idrauliche moderne, quali erano in sperimentazione in Inghilterra, che poi Nicolò Tron utilizzò anche a Schio.

Ad Anguillara Veneta e nel Polesine suddivise i suoi vasti possedimenti in piccoli poderi, provvedendo ognuno di casa rustica e regolandone la coltivazione in modo che producessero cereali e foraggi in giusta proporzione.

La tecnica della “domus culta”

Contribuì in questo modo a rilanciare e migliorare un modello molto antico: la “domus culta” (= casa coltivata). Era una forma di organizzazione agricola affermatasi particolarmente nei dintorni di Roma nel periodo dall’ VIII al XI secolo; venne favorita dalla Chiesa nell’intento di far rifiorire l’agricoltura dopo la crisi economica provocata dalle invasioni longobarda e bizantina.

Ogni colono padrone a casa sua

In quei secoli la “domus culta” era costituita da un insieme di fondi amministrati dalla Chiesa, con abitazioni per i coloni, organizzati in una forma di vita a carattere militare. Rappresentò il primo affermarsi del potere temporale della Chiesa; scomparve con il costituirsi della nuova organizzazione feudale. Ovviamente, ai tempi del Tron, non si imponeva la forma di vita a carattere militare: ognuno era “padrone a casa sua”.

Rettore veneziano di Padova e del Friuli

Nicolò Tron, inoltre, divenne Capitano e vice Podestà di Padova dal marzo 1737 al marzo 1739. Il Capitano era uno dei due rettori veneziani della città.

Dal 1739 al 1741, come Provveditore Generale a Udine resse la Patria del Friuli (come si chiamava all’epoca il territorio friulano). E realizzò il canale tra Palmanova e la laguna di Marano, vera autostrada commerciale dell’epoca, per consentire alle manifatture della seta del Friuli di raggiungere Venezia.

A Venezia Nicolò Tron fu membro della Deputazione al Commercio dal 1745 al 1746. Nel 1765, per proteggere un segreto industriale, tentò di impedire la pubblicazione sul “Giornale d’Italia” di Francesco Grisellini della descrizione della macchina per mietere il riso (detta “pettine da riso” perché era una lamina di ferro stagnato a sette denti), inventata dal conte vicentino Egidio Negri. Un’altra invenzione veneta!


Il busto di Nicolò Tron a Schio

Schio ricorda Nicolò Tron, sulla facciata di Palazzo Toaldi Capra, al n. 52 di via Pasubio, con un medaglione a muro con lapide scritta sormontata da busto, opera marmorea di Pietro Antonio Danieletti, eretta nel 1772 per volontà e a spese dei commercianti di Schio.
La lapide recita: “NICOLAO TRONO EQUITI DIVI MARCI UTILIUM ARTIUM PATRONO SCIENTISSIMO PRIMI SCLEDI MERCATORES M. H. P. AN. MDCCLXXII” che significa:  “A Nicolò Tron cavaliere di San Marco protettore coltissimo delle arti pratiche, i principali commercianti di Schio questa memoria posero nell’anno 1772”.

Sempre a Schio, sulla facciata del Teatro Jacquard, Nicolò Tron è ricordato da uno dei dodici medaglioni in terracotta, contenenti ciascuno il busto in altorilievo di un personaggio famoso legato a Schio; sono opera del 1868 dello scultore milanese Gian Battista Boni. A fianco del Teatro Jacquard, sorgeva la Antica Tessitura Tron, fondata dal nostro Nicolò Tron.


Giulio Bertaggia

Originale sul sito di Serenissima News

https://www.serenissima.news/nicolo-tron-lindustria-moderna-e-attenta-al-bene-comune-del-settecento-veneto/